lunedì 20 novembre 2017

La visibilità dell'obiettivo nella lotta per la riduzione del tempo di lavoro. 4 ore/die - 15 €/ora.

La visibilità dell'obiettivo nella lotta per la riduzione del tempo di lavoro. 
4 ore/die - 15 €/ora.
La difficoltà che incontra oggi, parlando con lavoratori, soprattutto più giovani, chi volesse diffondere la prospettiva di una riduzione delle ore di lavoro a parità o con aumento di salario, sono le obiezioni che questi stessi lavoratori portano, mostrando di aver compiutamente assorbito le ragioni della controparte di classe: il loro datore di lavoro.
Facciamo un passo indietro.
Qualche anno fa, spesso l'elemento determinante la condizione disagiata del lavoratore era l'orario.  Poteva dirti: «mi alzo alle cinque». Oppure: «attacco alle 7, lavoro su turni, anche la domenica». Che una persona lavorasse 8 ore e percepisse uno stipendio normale, cioè sufficiente, era scontato.
Oggi ti dice: «guadagno 3 euro e mezzo l'ora, o 5«. «Mi cambiano turni ogni settimana e a volte il giorno stesso, non so quando lavoro». Se chiedi: «quanto guadagni al mese?» ti dicono: «dipende», «tolte le tasse» o «se va bene, 800-1000«. Poi c'è anche chi ti dice 350 o 600 euro, perchè non lavora abbastanza. «Ho ancora due mesi di contratto, chissà se mi rinnovano".
Parlare di riduzione dell'orario di lavoro a queste persone è inutile, l'orario di lavoro non lo sanno nemmeno loro e se lo sanno è poco, vorrebbero lavorare di più, perchè solo così possono guadagnare di più, cioè un salario sufficiente per vivere.
Invece quanto guadagnano all'ora, o a chiamata, consegna, contratto... lo sanno tutti benissimo!  
Paga, diviso ore lavorate per guadagnarsela.

Posto che l'uomo in generale, e quindi la sua possibilità di rappresentarsi nel mondo, è determinato dalle particolari condizioni storiche, quindi economiche e sociali, in cui vive,
il semplice dipendente, non abituato a maneggiare le categorie di plusvalore e pluslavoro, di produttività e capitale fisso... non riesce a figurarsi la possibilità che il lavoro sia declinato in maniera differente da quella che ha sperimentato: che possa essere determinato dai bisogni e dalla volontà dei lavoratori piuttosto che, come nel presente neoliberista, dal padrone e dall'andamento onnipotente del mercato.
Per lui o lei, il lavoro salariato, e oggi quello neofeudale della totale disponibilità in cambio nemmeno della sopravvivenza dignitosa, sono l'unica realtà possibile e immaginabile.

Per scardinare questa certezza ci sono degli esempi di successo e una lotta che è all'interno delle regole del mercato capitalista e sta attraversando il mondo.
La rivendicazione di una paga oraria minima di 15€ ora.
Lavorando 4 ore al giorno per 5 giorni fanno circa 80 ore al mese, che moltiplicate per 15€ netti fanno 1200€ di salario mensile minimo.
Certo, il padrone potrebbe volere 8 ore per 5 giorni, ma a quel punto il salario minimo salirebbe a 2400€. Penso che qualsiasi padrone a questo punto cercherebbe di rendere più efficienti i suoi processi interni e cercherebbe di far lavorare le persone il meno possibile, convergendo sull'obiettivo della riduzione dell'orario di lavoro.

Tornando alla rivendicazione di un salario minimo orario di 15€/ora.
La difficoltà è aumentare il costo di una merce sovrabbondante al giorno d'oggi come il lavoro umano.
L'unica possibilità di riuscire in questa impresa è fare leva sull'aspetto «umano», sulla possibilità che gli uomini e le donne hanno di non agire come esseri inanimati o non senzianti, come cavalli ad esempio.
Il lavoro umano è l'unica merce che va contrattata con la merce stessa (con il suo proprietario unico e inalienabile). 

L'unica, ma formidabile arma, che i lavoratori hanno è non accettare paghe inferiori al richiesto e organizzarsi socialmente per tenere il punto in questa contrattazione. Solo la fame o uno stato analogo di bisogno li dovrebbe far capitolare, sappiamo che non è così.
Soprattutto i giovani che ancora vivono in famiglia, che non hanno figli, che sono legati a consumi voluttuari (auto, abiti, intrattenimento), accettano condizioni di lavoro misere o il lavoro gratuito perchè pensano, in prospettiva, di vincere così la concorrenza dei proletari più adulti, quelli che, dovendo mantenere una famiglia, non possono accettare condizioni economiche inferiori alla sussistenza. 

Per questo è importante lavorare sulla rappresentazione che i lavoratori hanno di se stessi: smetteremo di accettare condizioni umilianti quando smetteremo di sentirci miseri nel benessere, quando smetteremo di sentirci deboli quando non lo siamo, quando smetteremo di svalutare il nostro lavoro e noi stessi, quando smetteremo di fare appello al welfare familiare.
Il ruolo dei sindacati è quello di sostenere questa lotta di chi difficilmente si sente categoria (tantomeno classe) e che non può più appellarsi ad una contrattazione collettiva nazionale. 
Sostenere mutualmente il controllo popolare, scioperi, picchetti, boicottaggi, blocchi, occupazioni e tutte quelle forme di lotta che impediscano ai padroni di procurarsi sottocosto la merce lavoro è una attività che non può essere delegata ad altri.
Gli annunci di lavoro indegno possono essere boicottati e i datori di lavoro dileggiati e denunciati quando non offrono un salario dignitoso.
Dall'altro canto bisogna costruire una sponda parlamentare che intervenga politicamente nell'approvazione di una legge nazionale sul reddito minimo orario e sulla riduzione generalizzata dell'orario di lavoro, perchè il ruolo dello Stato, previsto dalla nostra costituzione, è proprio quello di garantire il rispetto della persona e dei diritti dei lavoratori in ogni occasione, non solo in quelle stabilite dai contratti nazionali di categoria.
Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

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